Letteratura inglese

Thomas Gray nella letteratura inglese

Thomas Gray e la nascita del romanticismo inglese

Alle origini del romanticismo inglese: Thomas Gray e l’Elegia scritta in un cimitero campestre
Note biografiche
Sebbene vissuto in pieno Illuminismo, Thomas Gray è stato sempre considerato un preromantico, uno di quegli autori che, nella storia della letteratura inglese, costituisce una sorta di spartiacque tra la cosiddetta età della

Ragione e l’età del Sentimento.

Nato a Londra-Cornhill, non molto distante dal quartiere finanziario di Bank, il 26 Dicembre 1716, Thomas Gray fu l’unico superstite in una famiglia di dodici figli. Suo padre era un impiegato statale, mentre sua madre possedeva un negozio di abbigliamento alla moda. Studiò nel prestigioso College di Eton, ove strinse amicizia con Horace Walpole, il figlio più giovane del Primo Ministro, Richard West e Thomas Ashton. Alla fine del 1734 si trasferì al Paterhouse College di Cambridge, ove rimase fino al 1739 con l’intenzione di perseguire la carriera legale. Nel 1739 effettuò un viaggio in Francia e in Italia al seguito di Horace Walpole. Dopo un alterco Thomas-Graycon Walpole, avvenuto durante il viaggio, che si protrasse per più di due anni, Gray raggiunse Londra nel Settembre 1741. Verosimilmente stava ancora studiando Legge, e nel Dicembre 1743 conseguì effettivamente la laurea; ma non ebbe serie intenzioni di praticare l’attività forense. Con l’eccezione di diversi viaggi in Inghilterra, Thomas Gray trascorse il resto della sua vita tra Cambridge, Londra e il borgo di Stoke Poges in Buckinghamshire, ove sua madre si era trasferita e ove egli iniziò a comporre la sua celebre Elegia subito dopo avere appreso della morte del suo caro amico Richard West avvenuta nella metà del 1742. Nel 1750 Gray completò l’Elegia e la inviò a Walpole, con il quale intanto si era riconciliato; quest’ultimo aveva già provveduto alla pubblicazione di quattro poesie di Gray nel 1747. Walpole fece circolare ampiamente il nuovo poema di Gray, e finalmente nel febbraio 1751 ne dispose la pubblicazione. Vivendo in tranquillità e raccoglimento a Cambridge, Gray scrisse The Progress of Poesy tra il 1752 e il 1754, e The Bard poco dopo. Ormai egli era diventato famoso, in forza della sua popolare Elegy, ma quando gli fu offerta l’onorificenza della Laurea in Poesia nel 1757, egli la rifiutò preferendo il silenzio e il raccoglimento dell’uomo di lettere ai riconoscimenti pubblici. Tra il 1759 e il 1761 visse principalmente a Londra, dedicandosi a studi storici nella Biblioteca del British Museum, aperta al pubblico proprio in quel periodo.

Nel 1768 fu nominato Regio Professore di Storia Moderna a Cambridge, ove trascorse gli ultimi anni della sua vita immerso negli studi e nell’insegnamento. A Cambridge si spense il 30 Luglio 1771. Sulla sua indole schiva e sul suo temperamento timido e pauroso, espressione ineludibile del suo nobile animo sempre immerso negli studi storico-letterari, il noto critico James Sutherland, all’interno della sua pregevole opera The Oxford Book of Literary Anecdotes (London 1975), ha riportato un gustoso aneddoto, contenuto in una lettera del 12 marzo 1756, del Rev. John Sharp, compagno di Gray al Corpus di Cambridge. Al n. 133, dei ben 484 aneddoti letterari, Sutherland annota quanto segue: «Il Signor Gray, il nostro raffinato ed elegantissimo poeta, nonché compagno gentile e discreto alla Peter-House, si è trasferito a Pembroke Hall, in segno di risentimento nei confronti di alcuni usi, nei quali si è imbattuto nella sua antica residenza. Il caso è stato a lungo oggetto di discussione, e si tratta di ciò. Egli è molto timoroso del fuoco, dal momento che la sua casa natale a Cornhill fu distrutta da un incendio rovinoso nel 1748; sin da allora, ha sempre tenuto una scala di corda, soffice come le corde di seta di quella scala con cui Romeo ascendeva alla sua Giulietta, e possedeva altresì un marchingegno di ferro fissato alla finestra della sua camera da letto. L’altra mattina Lord Percival insieme ad alcuni membri della Società Petrarchesca, andando a caccia, decisero di fare un piccolo gioco prima di incamminarsi, e pensarono che non sarebbe stato un diversivo malvagio fare una “bullonata” a Grey, sicché ordinarono al loro uomo, un certo Joe Draper, di rumoreggiare il fuoco. Un delicato cappello da notte bianco fu visto apparire alla finestra; ma riconosciuto l’inganno, il Signor Thomas Gray si ritirò nuovamente nel suo giaciglio. I giovani compagni, non appena lui scese, furono determinati – dissero poi loro stessi – nell’avere fomentato di nuovo la loro farfalla!».

Così è sovente ricordato Gray nella storia della letteratura inglese. L’Elegia, tuttavia, è una delle più celebri e nobili opere in versi di tutta la poesia inglese. Samuel Johnson, l’enciclopedico letterato illuminista e autore del primo dizionario della lingua inglese, scrisse di questo capolavoro unico che “esso abbonda di immagini che trovano uno specchio in ogni mente, e di sentimenti ai quali ogni petto restituisce una eco”. In forza della sua Elegia, Tohomas Gray è spesso considerato un importante precursore e anticipatore del Romanticismo.
ThomasGray_Elegy_headerLa Elegy written in a Country Churchyard è una poesia composta in quartine a rime alternate, per un totale di 88 versi. Ogni verso sembra quasi costituire un microcosmo incantato, una rivelazione istantanea ed indipendente suggellata dalla tipica, quasi scultorea concisione della lingua inglese. Il poeta si trova sull’imbrunire in un cimitero di campagna (forse quello di Stoke Poges, dove Gray fu poi sepolto) e descrive il paesaggio che l’ora rende misterioso e solenne. L’ultimo rintocco vespertino della campana del coprifuoco, che segna la fine del giorno appena trascorso, apre in maniera cupa l’Elegia. Una mandria di buoi col suo umile muggito si avvolge lentamente sul prato da pascolo, e mentre l’aratore arranca a fatica sulla via del ritorno a casa, il poeta, contemplando questa struggente scena, annota che quel contadino consegna il mondo alle tenebre, e ad egli stesso (And leaves the World to Darkness, and to me). La vista delle umili tombe lo porta a considerare che nulla potrà richiamare in vita i rozzi avi del villaggio e far loro riprendere le umili occupazioni cui furono dediti.

Nel cimitero riposano tutti contadini e non vi sono ricchi monumenti, né epigrafi che esaltino gesta e virtù, ma solo anguste tombe e rime disadorne con le quali una musa illetterata vuole insegnare all’onesto contadino a ben morire. Del resto, i ricchi sepolcri non possono richiamare lo spirito fuggito né blandire il freddo orecchio della morte, e qualcuno di quei sepolti avrebbe forse potuto divenire un Hampden, un Milton o un Cromwell, se il sapere si fosse dischiuso alla sua mente e la povertà non ne avesse soffocato gli entusiasmi generosi. Tuttavia, la stessa umiltà che rese vani i doni di natura, impedì anche lo schiudersi ai germi del vizio. Chi parla dalle umili tombe è quindi la voce della Natura che desta la commozione nel cuore dei passanti. Infine il poeta immagina che, dopo la sua morte, un qualche altro solitario contemplatore domandi notizie di lui, e forse un canuto contadino, ricordando di averlo visto aggirarsi nel sacro recinto, mostrerà al viandante l’epitaffio inciso sulla sua tomba. Con questo epitaffio l’elegia si chiude.

Thomas Grey fu tipico poeta di transizione tra l’epoca classica e la romantica. Ingegno disciplinato, artista scrupoloso, delicato, scrisse poco. Con la sensibilità per la natura, la preferenza per l’umile vita campestre, il compiacimento per la melanconia (tutti caratteri riconoscibili in questa Elegia), con l’attrattiva verso le età remote e barbare, verso le letterature primitive, come la gallese e la scandinava (fonti di ispirazione per altre sue opere, come Il Bardo, Le Parche, La Discesa di Odino), egli prepara e preannunzia imminente la grande epoca romantica. L’Elegia, alla cui concezione non fu estranea la cosiddetta poesia sepolcrale messa in voga da E. Young, le cui famose Notti furono pubblicate tra il 1743 e il 1746, con la data 1745, ha un’ispirazione un po’ ragionatrice e Thomasgray-cimitero-stoke-pogesmoraleggiante; ma è un canto grave, profondamente umano e, nello stesso tempo, di squisita perfezione artistica.

È il capolavoro del Gray, e in breve tempo, grazie alla traduzione metrica del matematico veronese Giuseppe Torelli (1776), divenne assai celebre anche in Italia. Ad essa si ispirò il Foscolo per I Sepolcri. L’epoca illuminista, che usciva dalle secchezze intellettuali di A. Pope, appagò in questa sublime lirica la sua tendenza ad abbandonarsi alla tristezza che è nella fine del giorno e della vita, ma attenuata in melanconia e in compassione di sé. Come è stato ampiamente rilevato dalla critica, l’Elegia di Gray è sia la sintesi finale della cultura dell’età Augustana – il poeta come portavoce pubblico del suo uditorio – che la prima espressione di un Romanticismo ancora esitante – il poeta come portavoce della propria anima, separato dal suo pubblico. Il suo paradosso centrale è che la sua straordinaria popolarità non risiede nel fatto che sia un poema sulla felicità e sul consenso sociale, ma, al contrario, una visione intransigente di ciò che la ricerca della solitudine implica nella vita del poeta. Soltanto la morte – e Gray giunge a questa consapevolezza dopo una lunga contemplazione solitaria – crea una società totalmente egualitaria, che nessuna politica umana potrà mai raggiungere. Se questo è il messaggio finale che il poeta vuole comunicare ai suoi lettori, allora è chiaro quante implicazioni velatamente politiche abbia avuto l’Elegia ai tempi di Thomas Gray. Per questa intima ragione l’Elegia rimane tuttora un’inquietante “arena” politica in cui l’acquiescenza entro un ordine sociale fermamente costituito è messo in questione e infine, anche se in maniera esitante, spazzato via.

Gaetano Algozino London-South Norwood, 27 gennaio 2016

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