David Bowie ‘70/’80
Che David Bowie sia stato determinante nella caratterizzazione e nell’evoluzione di generi musicali quali Glam rock, New Wave, synth-pop (e molti altri) è dato di fatto; come sia riuscito nell’impresa è cosa ben più difficile da analizzare.
David Bowie è stato, prima di tutto, un ARTISTA nel senso più completo del termine: persino il suo “trasformismo” è stato più concettuale che estetico. Egli ha, infatti, saputo fondere tutte le arti (musica, danza, cinema…) con costante spirito di innovazione e camaleontica capacità non di cavalcare le mode e i costumi del momento bensì di anticiparli e dettarne le regole.
David Robert Jones nasce a Brixton (Londra) il 8 gennaio del 1947. La sua infanzia non è serena, caratterizzata dalla presenza di un fratellastro schizofrenico ricoverato in ospedale psichiatrico (morirà suicida nel 1985) e dall’impietoso nomignolo di “Red Orb” affibbiatogli dai suoi coetanei a causa di una lesione permanente all’occhio sinistro rimediata dopo uno scontro fisico con un amico.
David canta e suona il sax ed è affascinato dalla Swingin’ London dell’epoca: trova un manager che gli permette di iniziare l’avventura musicale e così, nel 1967, esce DAVID BOWIE, album decisamente acerbo. Il ragazzo, in effetti, è confuso e non si riconosce nelle mode musicali dei suoi giorni. Prova a cercare l’ispirazione altrove arrivando a sperimentare l’esperienza buddhista. Da tutto ciò scaturisce, nel 1969, SPACE ODDITY, brano “spaziale” capostipite del genere fantascientifico che resterà sempre un leit motiv nella produzione artistica di Bowie.
Arriviamo al 1970: sulla scena musicale britannica si affacciano i primi personaggi abbigliati con outfit ambigui e coloratissimi. In un tripudio di lustrini e paillettes era nato il Glam Rock (“Rock’n’Roll col rossetto” lo ribattezzerà John Lennon….) nel quale Bowie trova una collocazione ideale pubblicando prima il grottesco THE MAN WHO SOLD THE WORLD e, successivamente, HUNKY DORY, sulla cui copertina David appare in una posa stile Greta Garbo.
Siamo solo all’inizio: è con il concept album THE RISE AND FALL OF ZIGGY STARDUST AND THE SPIDERS FROM MARS che David Bowie consegna a pubblico e critica il suo capolavoro, rappresentazione e parodia dei miti effimeri della società dei consumi. Dell’album fanno parte le leggendarie STARMAN e FIVE YEARS.
Il successivo ALADDIN SANE (gioco di parole con a lad insane) segna già un cambio di rotta: il glam è ormai un capitolo chiuso, incapace com’è di fornire nuove idee ed ispirazioni che Bowie cerca di trovare “artificialmente”. DIAMOND DOGS, del 1974, album horror/fantascientifico, è frutto, per stessa ammissione dell’artista, dell’influenza e degli effetti della cocaina. Un passo falso a cui seguirà l’altrettanto mediocre YOUNG AMERICANS.
Ma a tenere in piedi il mito del Duca Bianco sono i suoi incredibili tour mondiali caratterizzati da scenografie avveniristiche e apocalittiche dove David Bowie trascina il pubblico con performance dal vivo cariche di pathos e tensione. Il particolare carisma di David è dovuto molto alla collaborazione con il mimo Lindsay Kemp grazie al quale il cantante imparerà a dare peso e sostanza ad ogni minimo gesto e/o movimento.
Nel 1976 David Bowie si trasferisce a Los Angeles per girare una parte nel film “The Man Who Fell On Earth” ma da quell’esperienza scaturirà una profonda crisi esistenziale dovuta all’abuso di alcool e stupefacenti che porterà, paradossalmente, all’uscita di STATION TO STATION, album assolutamente innovativo di stampo quasi esoterico che necessita di più di un ascolto per poter essere apprezzato in tutta la sua genialità.
Dopo la prima parentesi americana Bowie sbarca a Berlino: la collaborazione artistica con Brian Eno porta alla trilogia LOW-HEROES-LODGER, album ricchi di atmosfere spettrali, decadenti ed un dance-rock elettronico antesignano della ormai prossima New Wave.
Benché il periodo berlinese sia stato estremamente produttivo e di grande maturazione artistica (da ricordare l’esperienza come narratore per la Philadelphia Orchestra nella nuova versione di “Pierino e il lupo” di Prokofiev e la partecipazione al lungometraggio di David Hemmings “Just a Gigolo” al fianco di Kim Novak e Marlene Dietrich) David percepisce un cambiamento nell’aria e decide di iniziare la sua esperienza con la pop-dance a New York, dove registra SCARY MONSTERS (AND SUPER CREEPS). Il singolo ASHES TO ASHES segna l’inizio del movimento New Romantic coadiuvato da un videoclip epocale in cui David Bowie appare nei panni di un clown allucinato: assolutamente non casuale la presenza nel video stesso di Steve Strange (Visage) e di due coriste degli Human League.
Nel 1980 l’artista debutta a teatro con una rappresentazione di “Elephant Man” che otterrà ottimi riscontri.
Gli anni ’80, come ho già avuto modo di accennare più volte, si sono dimostrati un decennio horribilis per molti grandi della decade precedente: Bowie non fa eccezione.
La, per certi versi, obbligata svolta “commerciale” porta nel 1983 all’uscita di LET’S DANCE, una disco music sicuramente di grandi classe e eleganza. Quelli della mia età hanno ballato al ritmo accattivante della title track e della famosissima CHINA GIRL il cui video fu immediatamente censurato!!
A proposito dell’enorme successo del tour mondiale che ne seguì, David rivelerà in seguito:”Con il Serious Moonlight Tour per la prima volta mi trovavo di fronte a un enorme pubblico che non era il mio, che non mi conosceva come artista. Non sapevo come comportarmi, così ho messo da parte la sperimentazione e mi sono concentrato sul lato più propriamente commerciale.”
Purtroppo del 1984 il disco considerato dalla critica il peggiore della sua carriera: TONIGHT.
David Bowie, però, è un grande e cerca altrove. Io, in quegli anni, lo ricordo più come attore che musicista.
Benché la critica cinematografica non abbia accolto favorevolmente nessuna delle pellicole, a mio modesto parere restano mitiche le sue partecipazioni nei film “Miriam si Sveglia a Mezzanotte”, “Labyrinth” e “Absolute Beginners”.
Da ricordare la sua partecipazione nel 1985 al Live Aid dove duetta con Mick Jagger ed il singolo THIS IS NOT AMERICA; per il resto continua la serie di flop con NEVER LET ME DOWN (brutto!).
David d’altronde, per sua stessa ammissione, è in piena crisi creativa: ”Non sapevo più cosa stessi facendo; inebriato dal successo avevo perso il mio naturale entusiasmo per le cose. Credevo di non avere più niente da dire e pensavo solo a guadagnare il più possibile; temevo di essere vicino alla fine.”.
La scomparsa di una star e la Nascita di un Mito
Ormai da tempo girava voce che fosse malato; benché mi proponessi ogni giorno di scrivere su di lui, ogni volta rimandavo ad altro momento (forse, inconsciamente, per scaramanzia).
Scriverne ora, mentre di lui si sta raccontando e ricordando di tutto, magari ha poco senso ma lo ritengo una sorta di dovere morale ormai postumo.
Ci terrei a raccontare il “mio” David Bowie ed uso il possessivo perché chi, come me, è cresciuto musicalmente nei fantastici anni ’80, lo ha vissuto come attore al pari del musicista e dell’icona rock.
Per molti grandi degli anni ’70 gli 80s hanno rappresentato una vera “bestia nera” e Bowie non ha fatto eccezione. Dopo le prime incursioni nel New Romantic, il grande successo internazionale di massa arrivò con la Dance Music (la sua, benché indubbiamente di gran classe, non convinse mai la critica) ma la vera sorpresa consiste nel modo in cui riuscì a colpire l’immaginario di noi adolescenti dell’epoca tramite alcuni, indovinatissimi, ruoli cinematografici.
David Bowie aveva già dimostrato un notevole talento nella recitazione quando, nel 1976, interpretò “L’Uomo Che Cadde Sulla Terra”: lo ritroviamo nel 1983 in “Merry Christmas Mr Lawrence” (Furyo) ma, a mio parere, il meglio della sua personalità carismatica emerge nello stesso anno con “The Hunger” (Miriam Si Sveglia A Mezzanotte) nel fantastico ruolo di un vampiro dove il cantante riesce a “tenere il passo” con due attrici del calibro di Catherine Deneuve e Susan Sarandon. Memorabile, poi, l’interpretazione del Re dei Goblin in “Labirinth” nel 1986; sempre del 1986 è il cult-movie “Absolute Beginners” (film culto per noi diciassettenni di allora perché la critica lo stroncò inesorabilmente).
Non mi soffermo oltre né su note biografiche né sulla sua infinita e poliedrica produzione musicale rimandando a quando riuscirò ad essere più razionale, obbiettiva e professionale, meno guidata, cioè, dall’onda emozionale per una perdita che, al momento, sembra più un buco nero…
Ci mancherà.
by Luisa Volpicelli
La vita di David Bowie e dei grandi uomini che in un modo o nell’ altro hanno influito su usi e costumi, mode e tendenze di intere generazioni viene spesso misurata quando vengono a mancare.
La Morte di David Bowie ha riportato quasi per incanto uno spirito vitale, il suo, in tanti giovani e meno giovani di tutto il Mondo che hanno celebrato il grande artista londinese con canti e balli, sorrisi e abbracci.
Ha fatto si che per qualche ora e qualche giornata aleggiasse per Brixton, per le strade di Londra, per le città europee e nelle parti del mondo raggiunte dalla sua fama, un non so che di grande, di immenso oserei dire.
E’ quell’ Amore che unisce e che la Musica, come tutta l’ Arte può regalare: tante persone di diverse nazionalità, religione, lingua, sesso, finalmente insieme, strette in un unico grande ballo al ritmo delle canzoni immortali di David Bowie.
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