Letteratura inglese

Thomas Malory e la morte di Artù

Lasciando lentamente alle nostre spalle il Medioevo con tutte le sue visioni mistico-mitologiche e le sue raffinatezze cortesi, abbandonato il mondo colorito e speziato della commedia chauceriana ci addentriamo in un territorio irto e lussureggiante, quale è quello dell’universo letterario di Thomas Malory, scrittore vissuto nel XV secolo e interprete originalissimo dell’immortale mito “nordico” del Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Prima di proseguire il nostro cammino è doveroso ripercorrere brevemente, seppure a grandi tratti, il background storico e sociale in cui visse il nostro strano scrittore, una sorta di cavaliere errante, forse appartenente a quella lussuriosa e dissipata categoria dei clerici vagantes e connotato da una forte propensione alla malavita e all’inganno.

La seconda metà del XIV secolo fu caratterizzata in Inghilterra dalla peste bubbonica, da sconvolgimenti sociali, guerre, violenti omicidi e tradimenti di corte, usurpazioni di potere, mentre il XV secolo iniziò con la seconda fase della Guerra dei Cento Anni (1415-1453) e si concluse con la lenta agonia di una guerra civile. La prima fase della guerra dei Cento Anni finì nel 1360. Con il Trattato di Bretagna Edoardo III rinunciò alle sue pretese sulla corona francese e accettò la signoria di Aquitania, compreso il bacino della Garonna e le altre parti del Sud-ovest della Francia. Nel 1415 Enrico V, figlio di Bolingbroke, riaprì la questione e rinnovò l’antica pretesa di Edoardo III. L’esercito di Enrico vinse ad Agincourt nel 1415. Il Trattato di Troyes firmato nel 1420 conferì ad Enrico il diritto di successione sulla corona francese.

Egli però non poté godersi fino in fondo la sua conquista perché morì due anni dopo, lasciando come suo successore un bambino di nove mesi. La lotta tra Francia e Inghilterra iniziò di nuovo e furono proprio gli inglesi a guidarla, riaprendo gli antichi contrasti e le mai sopite rivendicazioni. Il principio della loro disfatta fu segnato dall’apparizione dell’eroina Giovanna d’Arco alla guida dell’esercito francese. La guerra si protrasse fino al 1453; gli inglesi persero tutti i loro possedimenti francesi, eccetto Calais. L’anno seguente il figlio di Enrico V divenne pazzo e il Duca di York fu designato come suo protettore. Il giovane re si riprese dalla sua malattia mentale ma il suo protettore rivendicò di avere più diritto che lo stesso re alla corona britannica in quanto diretto discendente di Riccardo II, il re a cui era stato usurpato il trono da Enrico IV.

Così ebbe inizio la famosa guerra di successione dinastica denominata Guerra delle due rose, che prese il nome dagli emblemi delle due parti contendenti: la rosa bianca degli York e la rosa rossa dei Lancaster. Enrico VI, nipote di Bolingbroke, regnò dal 1422 al 1461, anno in cui fu costretto ad abbandonare il trono nelle mani del suo acerrimo nemico, Edoardo IV di York, il quale regnò dal 1461 al 1470. Enrico riassunse il suo trono appena per un anno, nel 1471, ma già nel 1472 fu detronizzato da Edoardo, il quale regnò a sua volta dal 1471 al 1483. A questi seguì il regno di Riccardo III York detto Crouchback (il Gobbo), che regnò dal 1483 al 1485. Sebbene di appena due anni, il regno di Riccardo III fu contrassegnato da episodi drammatici e crudeli dal momento che iniziò con l’atroce assassinio dei due giovani figli di Edoardo IV futuri pretendenti al trono, e si concluse con la sconfitta e la morte dello stesso Riccardo nella sanguinosa battaglia di Bosworth del 1485. Il suo vittorioso oppositore fu Enrico Tudor il quale, diventato Enrico VII, ereditò i diritti dinastici delle due famiglie contendenti York e Lancaster, imponendo la sua pace a tutta l’Inghilterra. Con Enrico VII iniziò la dinastia dei Tudor, il cui dominio durò fino alla morte di Elisabetta I nel 1603.

In questo convulso e agitato contesto storico visse e operò Thomas Malory (1405-1471), il cui cognome – per rispettare il famoso adagio latino nomen omen – proveniente dal francese maleüré e che siBediveregnifica sfortunato, rispecchiò profondamente il suo destino di inquieto avventuriero mai baciato dalla fortuna. L’autore, del quale prima si conosceva solo il nome, fu erroneamente ritenuto per secoli un gallese ma recentemente è stato identificato dalla critica per un gentiluomo del Warwickshire, il quale, dedito ad una vita avventurosa tutta violenze e ladrerie, finì in prigione probabilmente per motivi politici in quanto sostenitore dei Lancaster, e ivi morì dopo aver portato a termine, in quindici anni di lavoro, il suo famoso romanzo. Le Morte Darthur è il risultato della traduzione e fusione di varie leggende del ciclo arturiano, principalmente del Lancillotto. Il libro, scritto nel 1470, fu pubblicato postumo alla morte di Malory nel 1485 da William Caxton (1415-1492), primo stampatore inglese, e costituisce dunque la1485 malory thomas le morte darthur-image prima opera letteraria in lingua inglese stampata con la moderna invenzione dei caratteri mobili.

Il “romanzo” maloryano, il cui titolo esteso è The Whole Book of King Arthur and his Noble Knights of the Round Table, consta di XXI libri divisi in tre parti. Nella prima parte è narrata la nascita di re Artù e la fondazione della Tavola Rotonda, il romanzo di Balin e Balan (i due fratelli paladini che per errore si uccidono a vicenda in duello) e quello di Gareth e Lineth (lo scudiero sguattero disprezzato dalla donzella affidata alla sua protezione); nella seconda, la leggenda di Tristano e Isotta; nella terza infine oltre al romanzo di Lancillotto e Ginevra troviamo la storia del Santo Graal e la morte di Re Artù. La leggenda del Graal è la più estesa e occupa circa sette libri, dall’XI al XVII. Quando l’angelo Lucifero si ribellò, un enorme rubino incastonato nel suo elmo fu staccato da un colpo della spada dell’arcangelo Michele e cadde nel mare. Il saggio re Salomone lo ritrovò per mezzo delle sue arti magiche e ne fece una coppa di cui doveva servirsi Gesù Cristo nell’Ultima Cena e nella quale fu raccolto da Giuseppe di Arimatea il sangue del Salvatore ai piedi della Croce.

La preziosa reliquia, portata da Giuseppe in Inghilterra, scomparve e i più valorosi paladini della Tavola Rotonda fecero del ritrovamento di essa il principale scopo della loro avventurosa vita. Ma soltanto Galahad, in opere posteriori chiamato Parsifal o Perceval, il giovanetto dal candido scudo rossocrociato, figlio, per incantesimo, di Lancillotto e della regina Elaine, morta d’amore per lui, riesce a ritrovarla perché egli soltanto aveva occhi abbastanza puri e trasparenti per vederla. E alla morte di Galahad, al quale la coppa era stata affidata, gli angeli la riportarono in paradiso. Narrata con molti particolari, e interrotta spesso da lunghe digressioni e ripetizioni, questa leggenda risente del difetto principale di tutta l’opera: una mancanza di continuità dovuta al fatto che l’autore compilò il suo romanzo senza esercitare alcun senso critico, ne’ alcun criterio di cernita. Ma se il materiale è disparato e la narrazione procede spesse volte troppo frastagliata e lenta, l’unità dell’opera letteraria è mantenuta dallo stile che non conosce ineguaglianze e al quale è dovuto il grande fascino che il romanzo esercitò in ogni tempo sui lettori.

Questo stile piano e armonioso, personale, a periodi semplici e ingenui, nei quali l’artista si rivela sia nella classica obiettività della narrazione, sia nella felice musicalità dello scritto, segna così l’inizio della prima prosa d’arte inglese. In una completa aderenza ai fatti narrati, Malory racconta le meravigliose imprese dei cavalieri, come cose assolutamente reali, senza stupirsi, analizzare o commentare: e tutto quel mondo fantastico retto da ideali di purità e di giustizia, vive attraverso le sue parole in una serena, iridescente atmosfera che nulla viene a turbare mai. Molti artisti dei secoli posteriori furono attirati dal fascino che il Malory seppe dare alle leggende arturiane, fra questi lo Spenser nella Regina delle fate, il Tennyson negli Idilli del Re, il Morris e lo Swinburne.

Gaetano Algozino, South Norwood London 12 aprile 2015.

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