La poesia come cast of mind. Samuel Taylor Coleridge tra genio, talento e allucinazione
Profilo biografico
Samuel Taylor Coleridge, sia dal punto di vista teoretico – stilistico che pratico, espresse il meglio della prima generazione dei romantici inglesi.
Nato a Devon nel 1772, trascorse gli anni della sua giovinezza in un continuo, erratico stato di cambiamenti misti a illusioni: fuggì molto presto, disilluso, dal Jesus College di Cambridge e si unì all’esercito, solo per abbandonare l’Inghilterra, che sentiva molto stretta. Ispirato dai principi della rivoluzione francese, si unì a un gruppo bizzarro di intellettuali per fondare una società egualitaria in America, la cosiddetta Pantisocracy. Decisione questa che lo condusse ad un matrimonio infelice.
La sua poetica fu molto semplice e profonda allo stesso tempo: sentire le idee e darle forma all’interno dell’anima. Il sentimento più evidente nei suoi primi versi è una colpa ossessiva.
Il “vecchio marinaio”, sua creazione, è diventato l’archetipo universale del rimorso. Un marinaio uccide un albatro e deve espiare la sua colpa per il delitto commesso. La sua contrizione è infinita ed è condannato a raccontare le sue azioni a tutti coloro che egli incontra. Coleridge pubblicò questo e altri quattro poemi con Wordsworth nell’opera collettanea Lyrical Ballads (1798), che segnò l’inizio del romanticismo inglese. Il sodalizio con il Wordsworth influenzò le sue opere e il suo pensiero, soprattutto dopo il viaggio in Germania, ove Coleridge iniziò i suoi studi della filosofia di Kant.
Ciononostante, il legame tra i due si interruppe bruscamente nel 1810 a seguito di una lite alquanto virulenta causata dagli innumerevoli problemi che affliggevano l’animo di Coleridge: dalla crisi coniugale all’amore non corrisposto e infine alla crescente dipendenza dall’oppio, che il poeta assumeva a dosi regolari come medicina per curare i suoi problemi psicologici e fisici. Un continuo e irrefrenabile “getto mentale” (cast of mind) aveva sempre conferito a tutta la sua produzione letteraria un so che di imprevedibile – il poema Christabel rimase incompleto e una visita da parte di un misterioso uomo inviato da Porlock causò la brusca interruzione dell’estatico Kubla Kahn – ma a cominciare dal 1810 in poi il suo lavoro incominciò a diventare sempre più frammentario.
Dal 1810 fino alla morte, avvenuta nel 1834, Coleridge visse ad Highgate, nella splendida collina di Hampstead, a nord di Londra, non molto distante dalla casa del poeta John Keats.
Ivi fu assistito da una coppia di medici, il Dr. e la Signora Gillman, che lo aiutarono ad alleviare le sue sofferenze fisiche e mentali, sebbene non riuscirono mai a guarirlo del tutto. Fu proprio ad Highgate che iniziò a scrivere, quasi come un novello Lucrezio, per intervallia insaniae (nei continui intervalli tra uno stato di allucinazione e di lucidità mentale), la Biographia literaria, sorta di autobiografia critico – letteraria e zibaldone di pensieri, considerato un capolavoro del genere.
Nessuna poesia come l’ode giovanile Dejection (Sconforto), a giudizio di Tom Payne (compilatore dell’autorevole The A-Z of Great Writers, Carlton, London 1997, p. 88), può darci l’immagine completa dell’opera letteraria di Coleridge, la cui grandezza rimarrà sempre legata all’idea secondo cui “nessun uomo fu giammai gran poeta, senza essere allo stesso tempo un profondo filosofo”, in un continuo e insanabile dissidio tra genio e talento.
O pure of heart! Thou need’st not ask of
Me
What this strong music in the soul may
Be!
What, and wherein it doth exist,
This light, this glory, this fair luminous
Mist,
This beautiful and beauty-making power.
** O puro di cuore! Tu non hai bisogno di chiedermi cosa possa essere questa musica gagliarda nell’anima!
Cosa, e ove esiste questa luce, questa gloria, questa chiara e luminosa foschia, questo bel potere di render bello tutto!
The Rime of the Ancient Mariner
Il poemetto La Ballata del Vecchio Marinaio, scritto nel 1797, fu pubblicata all’interno della raccolta collettanea delle Lyrical Ballads nel 1798. Coleridge trasse ispirazione da libri di viaggi quali il North-West Passage del capitano James e il Voyage Round the World dello Shelvocke (1726), dalle famose ballate raccolte dal Percy in Reliquie dell’antica poesia, soprattutto per la forma metrica, le mosse, il vocabolario.
Un giovane convitato a uno sposalizio è fermato da un vecchio marinaio il cui occhio di fiamma l’affascina. Il vegliardo narra come, mentre veleggiavano verso il Polo Sud, un grande uccello marino, un albatros, apparve attraverso la nebbia ed ebbe accoglienza lieta dalla ciurma, finché il vecchio, violando l’ospitalità, l’uccise. Da allora una maledizione pesa sulla nave che, giunta all’Equatore, si ferma nella bonaccia. Uno spirito ha seguito la nave, incaricato di vendicare l’albatros; i compagni vorrebbero gettare tutta la colpa sul marinaio, e in segno di ciò gli appendono al collo il morto uccello marino. Riarsi di sete i marinai vedono avvicinarsi un vascello; ma la gioia è seguita da orrore: il vascello mostra il suo cordame come sbarre sulla faccia del sol calante, è il vascello fantasma che ha per ciurma lo scheletro della morte e una più orrenda figura, Vita-in-Morte.
Questi due esseri soprannaturali giocano ai dadi le sorti dell’equipaggio; Morte guadagna tutti gli altri, Vita-in-Morte vince per sé il marinaio. Costui vede cadersi morti ai piedi i compagni, e la maledizione vive per lui nello sguardo vitreo dei cadaveri. Finalmente il cuore del marinaio si intenerisce contemplando le creature marine che si muovono al lume della luna, ed egli le benedice; così è rotto l’incanto, per intercessione della Vergine Maria il marinaio è ora rinfrescato dalla pioggia, e la nave è spinta da poteri soprannaturali verso le coste inglesi, ma il marinaio per espiazione dovrà errare di paese in paese e narrare la sua storia e insegnare, col suo esempio, amore e rispetto per tutte le creature di Dio.
La bellezza di questo poemetto, capolavoro del Coleridge e del Romanticismo inglese, è tutta fatta di musicalità e di colorito, di magica e straniante atmosfera.
Kubla Khan, a Vision in a Dream
Poesia pubblicata nel 1816. Il motive ispiratore, attraverso i Pellegrini di Purchas, raccolta di viaggi del 1625, risale al Milione di Marco Polo, laddove si descrive il palazzo del Gran Khan Coblay a Giandu. Il Coleridge, addormentatosi sul passo del Purchas in seguito a una dose di oppio, sognò il poemetto, e al suo destarsi si mise a trascrivere i versi che ricordava, ma, interrotto da una visita, non poté ricordare il resto. Oltre che del passo dei Pellegrini, la poesia reca reminiscenze di parecchie altre letture del Coleridge: il curioso processo pel quale elementi, in apparenza disparati, si son fusi insieme, è stato studiato dal professore americano J. L. Lowes in The Road to Xanadu, A Study in the Ways of the Imagination. Questo poemetto, sebbene non finito, è una raffinatissima e musicalissima evocazione di uno scenario orientale, pieno di magia suggestiva.
Biographia Literaria
Autobiografia pubblicata nel 1817. Il filo autobiografico è molto sottile; l’opera consiste soprattutto in una laboriosa esposizione dei rapporti di Coleridge con la filosofia tedesca, e in una critica della poesia di Wordsworth. Le opinioni filosofiche del Coleridge risentono di vari influssi; è col Kant pei fondamenti morali della credenza religiosa; ma nel resto l’influsso di Schelling predomina. A giudizio dello stesso autore, l’opera è una miscellanea senza metodo; così, per esempio, dopo una minuta esposizione dell’idea kantiana di applicare la matematica alla filosofia, egli tenta di velare, con l’introduzione ex abrupto della finta lettera di un amico, la propria incapacità a concludere sistematicamente. Con tutto ciò l’opera è profondamente interessante per le sue narrazioni e discussioni.
Gaetano Algozino
London, South Norwood 21/03/2017
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