Letteratura inglese

John Donne nella letteratura inglese

Uno splendido dittico di poesia “metafisica” in età barocca

Il grande critico John Hayward, nella introduzione all’edizione londinese delle Opere poetiche di John Donne pubblicata nel 1946, ebbe a scrivere di questo strano, eccentrico e discusso autore della letteratura inglese: L’elogio che è stato accordato alle opere di Donne per circa tre secoli dai suoi ammiratori non è più rimarchevole del disprezzo con cui esse siano John Donne BBC Newsstate considerate dai suoi detrattori.

Nessuno scrittore inglese ha provocato allo stesso tempo elogi e avversioni così ardenti, giacché Donne più che qualsiasi dei suoi contemporanei soffrì degli effetti dei capricci e ghiribizzi di quel mutevole ed elusivo spirito che è il Gusto.

Le elegie pubblicate dopo la sua morte testimoniano la popolarità di cui egli godette, sia come poeta che come teologo, e alla fine del diciassettesimo secolo la sua influenza come scrittore nello stile “metafisico” può essere ampiamente rintracciata nelle opere di poeti e poetastri detrattori. Questa influenza, sebbene alquanto diffusa, non fu mai profonda, perché il torbido fiume di pensieri e sentimenti medioevali che fluisce attraverso le opere di Donne si riversò in meri rivoli, mentre il secolo avanzava, e alla fine scomparì del tutto.
John Donne fu l’ultimo grande discepolo della Scolastica medioevale, le cui esoteriche ed oscure concezioni erano state messe in dubbio dalla “nuova filosofia”, così come egli stesso definì la rinascenza scientifica del primo diciassettesimo secolo.

Quando Donne morì l’eredità del Medio Evo non ebbe più alcun continuatore; “La dimora della Morte” fu un richiamo finale al titolo di una sua omelia che segnò, per così dire, il passaggio epocale dall’antico al nuovo mondo.
Rappresentante del cosiddetto “stile metafisico”, che tanta fortuna avrà nello sviluppo successivo della letteratura inglese, John Donne nacque a Londra nel 1572 da una ricca famiglia di mercanti con propensioni cattoliche. L’appartenenza alla Chiesa cattolica romana era considerata una sorta di macchia nell’Inghilterra del XVI secolo, e col tempo avrebbe generato seri problemi a causa della diffusione di pericolosi movimenti anti-papisti. L’educazione di Donne fu dunque cattolica, anche se più tardi egli la rigettò.

Studiò per tre anni ad Oxford e altri tre anni a Cambridge, senza però poter conseguire la laurea dal momento che ai Cattolici non era permesso conseguire titoli accademici nell’Inghilterra elisabettiana. Durante questi anni funesti e turbolenti, ed esattamente nell’ultima decade del XVI secolo, Donne scrisse le Elegies e le Satires come anche qualche poesia dei Songs and Sonnets.
Viaggiò molto in Europa e prese parte a due spedizioni marittime. Nel 1598 diventò segretario di Lord Thomas Egerton; si innamorò di sua nipote e la sposò segretamente, matrimonio questo che John Donne by Nigel Boonham, 2012, St Paul’s Cathedral Gardengli recò grandi difficoltà economiche perché la famiglia della moglie si rifiutò sempre di riconoscerlo come legittimo marito.

Intorno al 1610, tuttavia, questi problemi erano quasi del tutto finiti. In quegli anni egli pubblicò due pamphlet contro i gesuiti e, poco più tardi, tra il 1611-12, gli Anniversaries, scritti in
occasione della prematura morte di Elisabeth Drury, la figlia del suo protettore e mecenate, Robert Drury. Negli stessi anni pubblicò anche Biathanatos, un oscuro e inquietante poema sulla legittimità del suicidio. Nel 1615 fu ordinato sacerdote, e questo segnò l’inizio della sua brillante carriera ecclesiastica nella Chiesa Anglicana. Durante questo periodo e quello immediatamente precedente, egli scrisse gli Holy Sonnets. Presto divenne famoso come grande predicatore; quando Donne teneva i suoi ispirati sermoni la cattedrale di San Paolo si riempiva di gente di ogni provenienza ed età. Nel 1621 divenne Arciprete Decano di San Paolo, la più importante chiesa di Londra. Il suo ultimo sermone, Death’s Duel, fu tenuto nel 1631 dal suo letto di morte e segnò, come disse Hayward, un’importante svolta epocale.

La poesia di Donne e, ancor di più, il suo modo di pensare furono definiti da John Dryden (1631-1700), il grande poeta della Restoration, con l’aggettivo metafisico. La definizione è ironica e si
riferisce all’oscurità delle opere di Donne il cui stile, simile ma non del tutto identico al barocco continentale, fu rivalutato all’inizio del secolo XX, soprattutto dal grande poeta anglo-americano.

Dissociation of sensibility (dissociazione della sensibilità) è il famoso termine usato da Eliot nel suo saggio The Metaphysical Poets (1921): nella poesia metafisica di Donne vi è una immediata correlazione tra pensiero astratto e fenomenicità concreta. Eliot rintracciò nell’opera di John Donne la spiccata e lucida abilità nel descrivere una realtà complessa e in perenne mutamento facendo uso di una scrittura disconnessa e frammentaria che riflette, tuttavia, una sensibilità unificata e mai divisa. Il linguaggio poetico di Donne attinge da ogni campo esperienziale: filosofia, teologia, meccanica, chimica, geografia, politica e astronomia. Profondamente influenzata dal dibattito rinascimentale sulla nuova scienza, la sua visione del mondo è ancora basata sulle analogie tra microcosmo e macrocosmo, e quindi tra il corpo politico, fisico e geografico. Le poesie di Donne si compongono, per così dire, di corrispondenze tra livelli sorprendentemente diversi di esperienza.

Gli argomenti sono alquanto contorti e sono sempre tutti quanti governati e sostenuti dalle regole della logica medioevale. Spesso la seconda parte dei poemi presenta un contro-argomento al primo, facendo uso di proposizioni avversative come but (ma) e yet (tuttavia) al fine di connettere, in un ordine problematico, le due parti. Sebbene la prima parte del poema in genere tenda a sorprendere il lettore, la sorpresa diviene parte di un argomento nel quale gli opposti sono riuniti in un paradosso.

Questa particolare tecnica e l’uso di similitudini e metafore definiscono a buon diritto John Donne come “spirito metafisico”. Songs and Sonnets Poemi, canzoni, sonetti ed elegie formano un gruppo di vere e proprie liriche e la loro composizione risale, generalmente, agli anni giovanili del poeta. Si riflette in queste liriche l’immagine del giovane colto del Rinascimento inglese, imbevuto di pJohn Donnelatonismo ma dedito all’amore e ai piaceri, bramoso di conoscenza e di filosofia ma scarso di impulsi religiosi. Solo più tardi, convertitosi sotto i colpi di dure esperienze, Donne passò da un tepido cattolicismo a un fervente anglicanesimo e divenne Decano di San Paolo a Londra. Pubblicate postume, nel 1633, le poesie furono per la maggior parte composte quando erano in gran voga le raccolte di sonetti, che molti poeti dell’epoca (tra cui Spenser e Shakespeare) pubblicarono a guisa di canzonieri, imitando poeti italiani (Petrarca, Tasso, Tebaldeo) e francesi (Desportes e Ronsard).

John Donne volle reagire agli amori di maniera, ai loro tempi sempre uguali, alle descrizioni facili, al convenzionalismo dei sentimenti, alla morale cavalleresca e al verso fortemente scandito ma di cadenze regolari e monotone. Niente armonie di versi, ma una versificazione scabra, con licenze, urti di accenti e decisa prevalenza del senso sulla musicalità; i concetti, che in quei poeti erano ornamento occasionale, divengono in lui la ragione stessa di molte poesie interamente intessute di wit, ossia di lambiccature.

La donna, che per i sonettisti era la crudele inaccessibile, è abbassata da Donne sul piano della comune umanità, e anche quando rimane oggetto di passione è un essere senza virtù né attributi quasi celestiali, che ispira un amore francamente sensuale: così in The Apparition (L’Apparizione). Il platonismo di Donne non si esaurisce negli atteggiamenti convenzionali, ma sui dati della sensualità ricama considerazioni complicate, cariche di allusioni alla filosofia e alla scienza dell’epoca, spingendo talvolta la complicazione tanto oltre che cadrebbe nel ridicolo se non si sentisse che il poeta gioca con le idee.

Così in una celebre poesia The Flea (La pulce): uno di questi insetti punge il poeta, poi salta sulla sua amante e succhia il sangue anche a lei; la donna vorrebbe ucciderla, ma lui si oppone, traendo dal fatto le più impensate considerazioni e interpretandolo quasi come le loro nozze di sangue. Nella maggior parte dei casi, a situazioni di un materialismo sensuale, come nell’elegia The Perfume (Il profumo) che arieggia quasi un favolello, si mescolano aspirazioni e sentimenti di alta spiritualità che rendono oscure le liriche e formano il singolarissimo tono di questa poesia. Irte di oscure allusioni sono cinque canzoni che, per analogia di motivi, si possono ritenere tra loro connesse e forse dedicate alla signora Magdalene Herbert: The Funeral (Il funerale), The Blossome (Il fiore), The Primrose (La primula), The Relique (La reliquia), The Dampe (L’esalazione).

I sonetti spesso non riproducono né lo schema metrico italiano, seguito solo nei Sonetti sacri, né la modificazione che ne fece il Surrey e che finì per prevalere in Inghilterra, ma sono sonetti soltanto di nome. In queste liriche, ricche di immagini ardite e di una viva sensibilità, animate da una sincerità non frequente nella poesia coeva, il contrasto tra il sensualismo e le aspirazioni spirituali crea una situazione drammatica che era nell’animo del poeta e che le sostiene sempre, anche quando non sia esplicitamente espressa. Oltre che la parte migliore dell’opera di Donne, le liriche sono una delle manifestazioni più singolari e interessanti della poesia inglese e, dopo la pubblicazione, esercitarono grande influenza, tanto da originare tutto un gruppo di poeti detti “metafisici” (Crashaw, Herbert, Milton) che si volsero soprattutto al campo religioso e sono tra i rappresentanti maggiori del secentismo della lirica in Inghilterra.

Holy Sonnets Poesie sacre pubblicate postume nel 1633. Entrato, come ultima fase della sua parabola spirituale, nello stato ecclesiastico, ma sempre in preda a un’ancorata aridità che dava adito al
razionalismo religioso, Donne non aveva, prima della morte della giovane consorte, provato un’emozione che gli macerasse il cuore, e gli facesse almeno trovare nella potenza del dolore la gioia del
pianto. Ora per lui la morte non è più il dilemma dell’essere o non essere di Biathantos, ma l’anelito a raggiungere nella tomba l’amata: solo ostacolo pauroso, la sua impurità e impreparazione al grande viaggio. Egli scrive: “È questa l’ultima scena del mio dramma. Restaurami ora Tu che mi hai creato, poiché la mia fine si approssima. Io non oso muovere in alcun senso gli occhi miei foschi: tale spavento proietta la disperazione dietro di me e innanzi a me la morte. Tu sei lassù, e quando verso di Te mi è dato guardare, solo allora mi risollevo. Tu puoi come calamita attirare il mio cuore ferrigno.”
Il terrore di essere ormai in ritardo è la nota dominante dei Sonetti sacri.
“Lascia o Dio che io mi lamenti alcun tempo; qui, su quest’umile suolo, insegnami la via del pentimento: ché quando noi saremo colà sarà troppo tardi per chiedere la Tua grazia. Come nella mia idolatria io dissi a tutte le mie amanti profane: la bellezza è solo un segno di pietà e la bruttezza di rigore, così io dico ora a Te che questa tua bella sembianza è garanzia d’animo pietoso. Batti in breccia il mio cuore, o Dio, spezzami, rovesciami, bruciami, rinnovellami.

Ardentemente io Ti amo, e vorrei essere amato, ma son promesso sposo al Tuo nemico: divorziami, liberami dal vincolo, o spezza quel nodo: imprigionami, perché se Tu non mi fai schiavo non sarò libero mai, né sarò mai casto se Tu non mi rapisci.”

C’è in questi e negli altri Sonetti Sacri il grido dell’anima, in uno stile non manierato ma semplice e diretto, e in accenti così alti da dare talvolta risonanze mistiche, che per certi aspetti fanno pensare ai sonetti sacri di Michelangelo: pur permanendo sempre l’introspezione psicologica, e dominando il timore e il rimorso sopra l’amore.
Gaetano Algozino London, South Norwood,

John Donne muore a Londra il 31 marzo 1631 e viene sepolto nella vecchia Chiesa di St Paul. In seguito all’ incendio del 1666 la sua tomba, rimasta intatta, venne spostata nella ricostruita Cattedrale di St Paul dove ancor oggi si trova insieme ad alcune statue, dentro e fuori, che lo ritraggono.
“Non c’è nulla di quanto Dio ha fondato su una causa naturale costante, e che perciò avviene ogni giorno, che non ci sembrerebbe un miracolo degno di ammirazione se avvenisse una sola volta”

Vi lasciamo con una “poesia” tratta da uno dei sermoni di John Donne, di disarmante attualità per quello che stà accadendo alla nostra società
No man is an island (Nessun Uomo è un Isola)
“Nessun uomo è un’isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai per chi suona la campana:
essa suona per te. “

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