Henry Fielding e l’ascesa del romanzo comico-realista
Se Alexander Pope è l’incarnazione pomposa, trionfale e solenne della lirica in età augustana, Henry Fielding, insieme a Daniel Defoe e Samuel Richardson, è considerato il rappresentante più cospicuo della novella comica e uno dei padri fondatori del romanzo realista, che tanta fortuna avrebbe avuto nella letteratura inglese e d’Oltremanica. Henry Fielding nacque nei pressi di Glastonbury il 22 aprile 1707, si formò nel prestigioso Eton’s College e in seguito studiò legge a Leyden, in Olanda. Trasferitosi a Londra si sostenne economicamente scrivendo opere teatrali, prevalentemente commedie e farse. Tuttavia, il suo unico spettacolo di questo genere ad essere ricordato è una parodia schietta dei più popolari drammaturghi del suo periodo, intitolata The Henry_Fielding-vitaTragedy of Tragedies, or Tom Thumb (1730).
Al pari di Swift anch’egli scrisse satire politiche contro il partito dei Whigs, che mantennero la loro supremazia sotto Walpole con intrighi, depravazioni e corruttele varie. Il vigore della forma drammatica che egli scelse fu evidenziato dal Licensing Act del 1737, che lo condusse alla ribalta delle scene. Durante il periodo 1739-41 Fielding diresse The Champion un periodo a carattere politico satirico.
La pubblicazione del romanzo epistolare a carattere moraleggiante di Samuel Richardson, Pamela or Virtue Rewarded (Pamela o la Virtù Premiata) nel 1740 suscitò in lui un interesse tale che l’anno seguente pubblicò una parodia dello stesso dal titolo Shamela Andrews. Questa originale trasposizione comica del romanzo di Richardson lo spinse ad un ulteriore pubblicazione-sequel nel 1742 di The History of the Adventures of Joseph Andrews, considerata dalla critica la prima novella della tradizione comica inglese. Nel 1743 pubblicò la sua potente e irriverente satira Jonathan Wild the Great dal carattere ironico-allegorico incentrata sulla figura di Walpole. Nel 1749 apparve il suo capolavoro The History of Tom Jones, a Foundling, e nel 1751 Amelia, il suo ultimo romanzo in cui Fielding si dedicò in modo più diretto e approfondito all’esposizione dei vari mali sociali del suo tempo, come le pecche della legge sui debiti e gli scandali delle prigioni londinesi.
In seguito fondò The Covent Garden Journal, che, stando alle sue stesse parole, era “un giornale scritto da uomini alla moda per uomini alla moda” (a journal written by men of fashion for men of fashion). Il giornale riscosse un successo immediato, e col tempo ebbe una tiratura di mille copie. Scrivendo sotto lo pseudonimo di Sir Alexander Drawncansir, Censor of Great Britain, Henry Fielding contribuì a dare al suo giornale uno stile originalissimo, che fu coerentemente schietto, ironico, benevolo. Intanto la sua salute peggiorava sempre di più e nel 1754, in un tentativo di ripresa, fece un viaggio in Portogallo, del quale lasciò un resoconto nel suo Journal of a Voyage to Lisbon, pubblicata postumo. E proprio a Lisbona si spense l’8 ottobre 1754.
Il suo innato senso dell’humour sardonico e tipicamente inglese è testimoniato da due deliziosi aneddoti riportati da James Sutherland nel suo volume The Oxford Book of Literary Anecdotes (1975). Il primo narra di Fielding il quale, avendo saputo di un suo amico che si trovava in un profondo stato di depressione a motivo di un debito che non riusciva a saldare, disse al suo informatore: “Tutto qui? Oh come sarei felice io se potessi ottenere soltanto £500 più profondamente in debito di quanto non lo sia già!”. Il secondo invece riferisce di una curiosa conversazione tra Fielding e Lord Feilding Conte di Denbigh sulla possibile comune origine delle due famiglie. L’unica differenza sostanziale risiede nella corretta comprensione dei cognomi, dal momento che quello dello scrittore inizia con la I mentre quello del Conte principia con la E. Alla richiesta del Conte sul perché di questa diversità, Henry rispose: “Signor Conte, penso che non sarei in grado di esporle una ragione plausibile, ad eccezione del fatto che il ramo della mia famiglia fu la prima a sapere come si scriveva correttamente il proprio cognome!”.
La Storia di Tom Jones, il trovatello
The History of Tom Jones, a Foundling, autentico capolavoro della narrativa comico-realista, fu pubblicato nel 1749 in sei volumi divisi in diciotto libri, di cui ciascuno è preceduto da un saggio, spesso scritto in eccellente prosa, su un tema più o meno connesso col racconto. Tom Jones, protagonista del lungo romanzo, è figlio adottivo del ricco filantropo Mr. Allworthy, un modello di virtù come il suo stesso cognome suggerisce (All worthy significa tutto degno, rispettabile), vera incarnazione della giustizia e della carità, alter ego della Provvidenza divina. Costui ha trovato misteriosamente nel suo letto una notte quel trovatello figlio di ignoti, e lo ha educato insieme con il suo nipote ed erede legittimo, Blifil. Blifil è il furfante contrapposto all’eroe del romanzo Tom; egoista e ipocrita per tornaconto, odia Tom che si è guadagnato l’affetto della bella Sofia, figlia dell’irascibile squire (possidente) Western, un gran cacciatore. Tom tuttavia dapprima ha il cuore altrove; ha una tresca con Molly Seagrim, la figlia di un guardaboschi, e vorrebbe sposarla: si accorge poi che effettivamente è stata lei a sedurre lui, e alleggeritosi la coscienza, vorrebbe corrispondere la passione di Sofia. Ma la zia di quest’ultima, sorpreso il segreto della ragazza, accelera i preparativi delle nozze di lei con Blifil. Tom, calunniato da Blifil, con l’assistenza dell’indispettito precettore Twackum e dell’opportunista suo collega, il filosofo Square, è cacciato da Allworthy e si dà al vagabondaggio accompagnato, come Don Chisciotte da Sancio, dal ciarliero, vano, mezzo affezionato e mezzo interessato maestro di scuola Partridge, che gli procura mille guai.
Intanto Sofia, ragazza energica, manda a Tom tutto il suo denaro e poi fugge di casa per evitare il matrimonio con Blifil a cui vorrebbe obbligarla il tirannico genitore; ripara in un albergo, e trova che Tom è sotto lo stesso tetto con una avventuriera da lui salvata dai malandrini, la Signora Waters. Sofia non sa lasciare altra testimonianza di rimprovero a Tom che un suo manicotto, che ella depone sul letto di lui, con il proprio nome scritto su un cartellino. L’intreccio si fa sempre più complesso. Sofia si rifugia in casa della cugina Lady Bellaston che le tende un perfido tranello per farle sposare un uomo del suo mondo dissoluto ed equivoco, Lord Fellemar. Tom, alla ricerca di Sofia, incontra Lady Bellaston e ha con lei una tresca, ma una notte, recatosi a un appuntamento con lei, trova invece Sofia, e, intervenendo Lady Bellaston, ne seguono scene assai comiche. Tom è poi gettato in prigione per aver ferito gravemente in un caso di legittima difesa; abbandonato da tutti, si trova sull’orlo dell’abisso. Si scopre infine che Tom è figlio della sorella di Allworthy: Blifil aveva intercettato la missiva con cui essa in punto di morte informava della cosa il fratello.
La scoperta e insieme lo smascheramento di Blifil cambiano le cose: Tom diventa l’erede riconosciuto dello zio e Western consente a che Sofia lo sposa. Fielding impernia la sua morale sulla “bontà naturale del cuore” (natural goodness of the heart) che ai suoi occhi redime ogni difetto; e la bontà istintiva di Tom fa continuamente bella mostra di sé in effusione di retorica sentimentale; ma, a parte questo aspetto caratteristico del suo secolo, il romanzo ha qualità di vigore realistico e di sana comicità che ne fanno un classico di tutti i tempi.
«In Tom Jones – come ha argutamente osservato Laurence Stone – Henry Fielding espone due differenti visioni di matrimonio, quella antica e quella nuova. Mrs Western consiglia sua nipote Sofia dicendo: “il legame tra le famiglie è ciò che importa principalmente. Tu dovresti avere una considerazione maggiore dell’onore della tua famiglia più di quello riservato alla tua stessa persona”. Le riferisce inoltre che il matrimonio “è un fondo in cui le donne prudenti depositano le loro fortune per un miglior profitto”. Il padre di Sofia, Squire Western, che ha trattato sua madre come “una fedele serva superiore per tutto il tempo del loro matrimonio”, rinchiude Sofia nella sua stanza finché non acconsenta a sposare l’uomo che egli stesso sceglierà, un uomo che, conformemente ad una tradizione inglese, dovrà essere “il più ricco della contea!”. Dall’altra parte, per contrasto, vi è Squire Allworthy il quale pensa che “l’amore sia l’unico fondamento della felicità in uno stato coniugato, come se esso da solo potesse produrre quell’alta e tenera amicizia che dovrebbe essere sempre il cemento di ogni unione”. Egli dunque non tollererebbe in alcun modo l’uso della costrizione genitoriale, e nemmeno il matrimonio motivato dalla lussuria, dall’attrazione sessuale per una bella persona, dalla cupidigia di una grande fortuna o dallo snobismo per un titolo nobiliare. Sofia medesima prende l’istessa posizione, promettendo che non si sposerebbe mai senza il consenso di suo padre, ma allo stesso tempo rifiuta ostinatamente di sposare un uomo scelto da lui e non da lei stessa. In questo romanzo Henry Fielding presenta piuttosto come stereotipi ideali le due estreme attitudini alla scelta matrimoniale, e la trama ruota tutto attorno alla collisione tra queste sue diverse prospettive» (The Family, Sex and Marriage in England 1500-1800, London 1977).
Arnold Kettle, nel suo documentatissimo volume An Introduction to the English Novel (London 1951), ha osservato come Tom Jones, pur non essendo un’allegoria, può essere comunque ascritto nella lunga tradizione allegorica della letteratura inglese, che ha nel The Pilgrim’s Progress il suo punto di inizio. «Nel romanzo di Henry Fielding – egli osserva – ci sono molti elementi che fanno pensare ad un possibile collegamento tra esso e la tradizione allegorica. Il padre adottivo di Tom si chiama Allworthy (tutto degno) e vive a Paradise Hall (vestibolo del Paradiso), Tom cade nel peccato per mezzo della tentazione di una donna – Molly (il cui nome rimanda alla mollizie morale) – dopo che è stato scacciato da Paradise Hall. Il fatto poi che Allworthy abbia le sue debolezze e che Paradise Hall sia fermamente collocato ad ovest dell’Inghilterra ci previene dall’immaginare anche per un momento che potremmo leggere Fielding alla stessa stregua di Bunyan, l’autore di The Pilgrim’s Progress. Ancora, non è un fatto del tutto privo di importanza che la casa di Squire Allworthy abbia proprio questo nome. Una conoscenza della tradizione picaresca può venirci in aiuto nella comprensione di tutti quegli aspetti “rilassati” e generosi del Tom Jones, che sovente sembrano conferire ad esso un senso di diffuso libertinaggio. Ma una conoscenza più approfondita della tradizione allegorica aiuta a correggere quella impressione e sottolinea piuttosto che davvero poco è così casuale e accidentale nel libro di Fielding».
Gaetano Algozino London, South Norwood 18 Dicembre 2015
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