Un tè a Gordon Square con Virginia Woolf e gli amici del Bloomsbury Group
Gordon Square è una bellissima piazza londinese che si trova nell’elegante quartiere di Bloomsbury, a due passi dal British Museum, dominata da un grande giardino centrale che in origine era ad uso privato dei residenti delle case che la circondavano e che oggi appartiene all’Università di Londra.
E’ un tranquillo luogo aperto al pubblico, brulicante di scoiattoli agili come acrobati e di passerotti festosi.
Pur trovandosi nel cuore pulsante di Londra, a Gordon Square si respira un’aria rarefatta e mentre si è seduti in una delle tante panchine del giardino, lontano dai rumori urbani, si ha come l’impressione di avere appena compiuto un viaggio nel tempo e di essere stati catapultati all’inizio del Novecento, quando la Regina Vittoria era appena morta nel 1901, dopo 64 anni di regno e il figlio Edoardo VII era salito al trono.
I palazzi intorno alla piazza, dalle facciate rigorosamente bianche, riflettono il candore delle abitazioni di inizio secolo, quando l’area era abitata prevalentemente dalla ricca borghesia e da una certa élite artistica ed intellettuale.
Nel 1904, subito dopo la morte dei genitori, la giovane Virginia Woolf, che in quel periodo portava ancora il cognome paterno, Stephen e i fratelli Toby, Adrian e Vanessa, si trasferirono al numero 46 di Gordon Square, nel quartiere londinese di Bloomsbury.
Autrice di numerosi romanzi come “La Signora Dalloway”, “Gita al faro” e “Una Stanza tutta per sé”, nelle sue opere prevale uno stile inconfondibile, caratterizzato da una forma estrema di realismo di derivazione freudiana, chiamato “Stream of consciousness” ovvero “Flusso di coscienza” o “monologo interiore” con cui Virginia Woolf dà vita ad un continuo flusso indomito di pensieri, di sogni e di paure che prendono vita da libere e vertiginose associazioni di idee incontrollate, da cui emerge una personalità molto sensibile, a tratti disturbata.
Attraverso la tecnica del monologo interiore, ella descrive magistralmente l’inconscio dei suoi personaggi nelle piccole azioni quotidiane.
Un fiore, una parola, una matita su un foglio, una nota appena accennata al pianoforte ed è subito un turbinio di emozioni che prendono vita e si aggrovigliano le une con le altre come le trame di un broccato che l’autrice ci restituisce sotto forma di un arazzo pregiato in cui le parole si incastrano magicamente in un caleidoscopio di aggettivi, di avverbi e di pronomi che trasportano il lettore in un mondo velato in cui la realtà viene sussurrata all’orecchio e mai svelata bruscamente. Virginia Woolf era anche una fervente opinionista e una buona parte dei suoi saggi, originariamente pubblicati da alcune riviste prestigiose, vennero raccolti nel volume “The Common Reader”, la cui prima edizione venne pubblicata nel 1925 dalla casa editrice The Hogarth Press, di proprietà di Leonard Woolf che la scrittrice sposò nel 1912 e così chiamata dal nome di Hogarth House che era la loro casa nel quartiere di Richmond Upon Thames, a sud ovest di Londra.
Il salotto della casa di Gordon Square divenne in breve tempo la sede del più importante circolo culturale inglese del Novecento, il cosiddetto “Bloomsbury Group” .
Era stato proprio Toby, il fratello di Virginia, a presentare al fratello Adrian e alle sue sorelle alcuni colleghi universitari del Trinity College di Cambridge, fra cui l’economista John Maynard Keynes, il biografo Lytton Strachey e lo scrittore Leonard Woolf, già membri della società semi-segreta “The Apostoles”. Del Bloomsbury Group facevano parte anche lo scrittore Edward Morgan Forster, l’autore di “Camera con Vista”, “Casa Howard” e “Maurice”, solo per citare alcuni dei suoi romanzi e altri personaggi illustri come il critico d’arte Clive Bell e il poeta William Plomer, oltre ad alcuni musicisti come Saxon Sydney-Turner e pittori, tra cui Duncan Grant, Roger Fry, noto anche come critico d’arte, Vanessa Bell e Dora Carrington. Con il tempo il gruppo cominciò ad ingrandirsi sempre più ed i componenti dovettero incontrarsi due volte alla settimana a Gordon Square: il giovedì per gli scrittori (Thursday Club) e il venerdì per i pittori (Friday Club).
Molti poeti che avevano combattuto durante la Prima Guerra Mondiale avevano riportato nelle loro poesie la crudeltà e la violenza dei combattimenti e ciò aveva dato luogo ad un movimento pacifista sviluppatosi intorno alla figura del filosofo Bertrand Russell. Einstein aveva pubblicato da poco la Teoria della relatività che era diventata un sostituto della religione con le sue soddisfacenti spiegazioni sull’origine dell’universo e Freud esplorava l’inconscio della personalità umana da cui traevano origine l’istinto e i desideri repressi e le cui teorie avevano fortemente influenzato molti scrittori e poeti dell’epoca.
Tra tazze di tè, sandwiches assortiti e scones farciti con burro e marmellata, i membri del gruppo discutevano di arte, di musica, di letteratura e di poesia, condividendo le loro opere. Tuttavia la loro fama non era molto allettante. Essi erano piuttosto rivoluzionari per l’epoca e non solo per il loro nuovo modo di vedere l’arte e la letteratura. Il Modernismo era nel suo pieno fervore e i “Bloomsberries” ne erano i fieri rappresentanti. Nato come reazione alle idee e alle convenzioni del Diciannovesimo secolo, il Modernismo volle fare tabula rasa dei generi tradizionali della letteratura e delle consuete idee di trama, di tempo e di luogo. Oggi diremmo che i seguaci di questa nuova corrente artistica e letteraria avevano l’esigenza di far uscire il lettore dalla propria “comfort zone”. La storia non ha più un classico inizio, uno sviluppo ed una fine e i personaggi non sono più definiti in maniera tradizionale. Il linguaggio diventa volutamente più complesso, ai limiti della sintassi e persino la punteggiatura viene spesso omessa, mentre la verità psicologica viene enfatizzata in luogo dei dettagli realistici. Gli autori modernisti avvertono il dovere di esprimere apertamente il non detto e il sottinteso, indifferenti al giudizio altrui, ma in particolar modo vogliono dar voce a quei gruppi sociali che erano stati in silenzio per troppo tempo e principalmente alle donne, soprattutto dopo che esse avevano conquistato il diritto di voto, anche se solo dopo i trent’anni.
Erano quasi tutti profondamente pacifisti, desideravano la liberazione dalle inibizioni sessuali e molti di loro erano apertamente omosessuali o coinvolti in relazioni con più persone contemporaneamente.
Nonostante la loro stravaganza, gli intellettuali del gruppo hanno lasciato tra le nostre mani un’eredità imponente di romanzi, saggi e dipinti che testimoniano il cambiamento di un’epoca e in particolare il superamento dei valori vittoriani. Quando si riunivano tutti insieme nel salotto di Gordon Square, prima ancora di essere un gruppo chiuso di persone, erano un gruppo di amici, pronti a condividere con passione le proprie idee e il proprio tempo.
Durante gli anni Trenta, tuttavia, il Bloomsbury Group iniziò a dissolversi, principalmente per la serie di morti improvvise che lo funestarono.
Il membro più longevo fu Duncan Grant, che, con la sua morte nel 1978, pose ufficialmente fine al Bloomsbury Group.
Dopo l’ennesimo crollo, nel 1941 Virginia Woolf si suicidò lasciandosi annegare nel fiume Ouse, nel Sussex, dopo aver riempito di sassi le tasche del suo vestito. In lontananza, i rombi della guerra assordavano e distruggevano Londra.
Al marito Leonard, che gli era stato sempre vicino soprattutto nei momenti di crisi, quella mattina aveva lasciato una lettera straziante:
“Carissimo,
sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me e incredibilmente buono. Voglio dirlo, tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.
V.”
Oltre all’abitazione di Gordon Square, Virginia Woolf abitò al 22 di Hyde Park Gate, al 29 di Fitzroy Square e ad Hogarth House, al numero 34 di Paradise Road, nel quartiere di Richmond Upon Thames.
Rosario Cosenza
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