George Friedrich Handel, il grande musicista tedesco che amava Londra più di ogni altro luogo.
George Friedrich Handel, pur non essendo inglese, può ritenersi a ragione uno dei personaggi illustri di Londra, un londinese d’ adozione che contribuì a rendere ancora più interessante la storia della capitale inglese.
Stiamo parlando di un tedesco, di un sassone per l’esattezza.
Nasce a Halle il 23 febbraio 1685 (morirà a Londra il 14 aprile 1759 all’ età di 74 anni)
Fin da bambino dimostrò passione e genialità musicale, che portò avanti nonostante il parere contrario del padre che preferiva studiasse materie giuridiche.
Per caso il Duca Giovanni Adolfo, un grande appassionato di musica, lo sentì suonare il clavicembalo e da quel momento lo prese sotto la sua protezione, facendogli studiare musica sotto la guida del maestro Zachow.
All’ età di 17 anni, per accontentare il padre, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza ma con esiti non certo brillanti come quelli che continuava ad ottenere nel campo della musica.
Pare che da giovane fosse veramente molto bello; alto, snello, biondo con gli occhi azzurri (purtroppo i ritratti che sono rimasti lo riportano come un anziano signore, piuttosto grassottello, dalle lunghe parrucche di moda in quegli anni).
In gioventù amava scherzare e stare in compagnia; con la maturità divenne più riservato e alcuni lo descrivono piuttosto acido nei comportamenti con gli altri.
Era una persona molto colta (conosceva perfettamente oltre al tedesco, sua lingua madre, anche l’ inglese, l’ italiano e il francese.)
Gli anni successivi li trascorse in Italia, dove oltre alla lingua affina anche l’ arte della composizione all’ “italiana”.
All’ età di 26 anni si reca per la prima volta a Londra dove nel 1711 si fece subito conoscere con la composizione del Rinaldo, terminata in soli 15 giorni.
Quest’opera per lui fu più che un biglietto da visita; Il Rinaldo è stato un vero e proprio trampolino di lancio che portò il musicista tedesco a diventare il preferito dai Reali (in realtà lo stesso Giorgio I lo seguiva da tempo ad Hannover)
Divenne il preferito anche della regina Anna e quindi fu nominato compositore di Corte.
Poco dopo Handel si trasferisce a Londra, acquisisce la nazionalità britannica e vi rimase per il resto dei suoi giorni.
A Londra compose le sue opere più conosciute: “Musica sull’ acqua”, “Music for the Royal Fireworks” e il “Messiah” con la celebre “Alleluia“.
Nella seconda metà degli anni 30 del 1700, incomincia ad avere qualche problema di salute, con diversi ictus dai quali però si riprese abbastanza bene, non abbandonando mai la composizione e la direzione del Teatro Reale da lui stesso fondato.
Dal 1750 in poi incominciò ad avere problemi alla vista, che lo portarono negli anni successivi alla quasi totale cecità.
Il 6 aprile del 1759 sviene proprio mentre dirigeva un’esecuzione del Messiah: morì, probabilmente a seguito di ictus cerebrale, il 14 aprile, venendo sepolto, conformemente alle sue ultime volontà, nell’Abbazia di Westminster, tra i grandi d’Inghilterra.
Una rappresentazione marmorea del compositore con in mano lo spartito del Messiah è stata eretta sulla sua tomba, nel Poets’ Corner, all’ interno dell’ Abbazia di Westminster.
A Londra ancora oggi si può visitare quella che è stata per tanti anni la sua casa, al numero 25 di Brook Street, nella zona di New Bond Street,
Oggi è stata trasformata nell Handel House Museum ( da mar a sab 10.00-18.00; giov fino alle 20.00; dom dalle 12.00 alle 18.00) Costo ingresso 5 sterline
Handel aveva il negozio dove vendeva i suoi spartiti al piano terra dell’ abitazione; al primo piano aveva la sala prove, dove ancora oggi c’è il clavicembalo e si esibiscono musicisti e studenti del conservatorio.
Mi piace ricordare Handel anche come amico di Thomas Coram e compagno di avventura nella realizzazione e mantenimento dell’ ospedale-orfanotrofio dei bambini trovatelli (abbandonati dalle loro madri, troppo povere per mantenerli).
Oggi possiamo ricordare tutto questo visitando il Foundling Museum al n 40 di Brunswick Square, nel cuore di Bloomsbury. Ma questa è un’altra storia.
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