Francesco Bacone. Saggi o Consigli civili e morali
Nell’effervescente e felice clima di rinascita culturale che connota la cosiddetta “età elisabettiana”, ha giocato un ruolo non indifferente lo sviluppo delle scienze pratiche e della filosofia applicata. Fin dal secolo XIII, con l’avvento della “rivoluzionaria” scuola dei francescani di Oxford, la filosofia e la scienza avevano raggiunto in Inghilterra vertici inattesi e conquiste assolutamente inedite nel panorama storicoculturale dell’Europa continentale. E’ il caso emblematico di tre francescani, Ruggero Bacone, Duns Scoto e Guglielmo di Ockham, i quali con i loro attenti e scrupolosi studi di fisica, etica e logica segnarono il corso dell’intero pensiero inglese, sicché si può senza alcun’ombra di dubbio affermare che essi siano stati i precursori di quella tendenza tipicamente inglese che va sotto il nome di empirismo oggettivo, che ben descrive l’indole e il carattere della ricerca “metafisica” nella terra di Albione dalle origini a Russell.
Su questo solco molto fertile e ricco di sviluppi straordinari, connotato da una metodica, precisa e lungimirante pratica osservativa delle cose e degli eventi in vista di concreti e verificabili risultati, si innesta la figura di un altro Bacone, il Sir Francis Bacon, cui la scienza moderna deve molto per le sue teorie epistemologiche e filosofiche fondate sul metodo induttivo.
Londinese purosangue dello Strand, Sir Francis Bacon nacque il 22 gennaio 1561 da una ricca famiglia di Lord e servitori della Corona. Dopo avere frequentato in gioventù il Trinity College di Cambridge, lo abbandonò presto a seguito di un acceso dibattito circa gli esiti della filosofia di Aristotele.
Sebbene ancora adolescente, Bacone, cui la natura aveva donato una memoria prodigiosa, una mente brillante e un carattere inquieto, si rifiutò di prestare “fede” cieca alla filosofia aristotelica, allora studiata e considerata alla stregua di postulati e assiomi dogmatici, preferendo orientare piuttosto il sapere scientifico verso esiti più pratici.
La tanto esaltata eudaimonia aristotelica per lui coincideva con la felicità oggettiva del genere umano, accresciuta e illuminata da ricerche pratiche nei svariati campi della medicina,
dell’ottica, della fisica e dell’astronomia.
Nel 1576 Bacone entra nel Gray’s Inn di Londra, l’alta scuola di formazione accademica e professionale per avvocati, notai e giureconsulti.
Dopo alcuni soggiorni in Francia, al seguito dell’ambasciatore di Enrico III, dal 1579, anno della morte del padre, visse stabilmente a Londra, ove ricoprì prestigiose cariche politiche e giuridiche. Egli fu infatti Solicitor general nel 1607, Avvocato generale della Corona nel 1613, membro del Consiglio privato della Corona nel 1616, Lord guardasigilli nel 1617, Lord Cancelliere nel 1618. Nel 1621 fu ammesso alla Camera dei Pari come Barone di Verulamio e Visconte di Sant’Albano.
Nello stesso anno, a seguito di una condanna per peculato da cui fu comunque graziato dal Re, fu incarcerato per qualche giorno; alla luce di questa triste vicissitudine decise di ritirarsi a vita privata per dedicarsi esclusivamente ai suoi studi e alla stesura delle sue opere attraverso le quali esercitò una forte influenza nel mondo politico e culturale. Morì all’età di 65 anni
All’alba della Domenica di Pasqua, il 9 aprile 1626, nella residenza del conte di Arundel, ad Highgate.
Oltre alle sue innumerevoli opere filosofiche e politiche, quasi tutte composte in latino, tra le quali ricordiamo il Novum Organum e l’Atlantis, Bacone lasciò una ricchissima raccolta di saggi in inglese, dei quali fornirò una sintetica esposizione. Opera “aperta”, per usare un’espressione molto cara ad Umberto Eco, gli Essays or Counsels Civil and Moral videro ben tre edizioni. La prima edizione fu stampata nel 1597 e conteneva 10 saggi, la seconda edizione del 1612 fu accresciuta di 38 saggi, mentre nella terza e ultima edizione stampata del 1613 i saggi furono portati a 58. Nel 1638 apparve una traduzione latina, col titolo Sermones fideles sive interiora rerum. Indipendentemente dal loro pregio specifico gli Essays, la cui struttura e ordinamento sono simili a quelle di una intricatissima e lussureggiante foresta, hanno impresso un segno indelebile sulla letteratura inglese, nella quale la tradizione saggistica si perpetua anche oggi: sulla lingua inglese, per la tendenza alla semplicità che quasi diventa secchezza, alla frase breve e pregnante, all’immagine scultorea e possibilmente eccezionale. Accanto a queste doti stilistiche, si risente però l’influenza (quasi antitetica) dell’epoca: epoca di eufuismo, di poesia “metafisica”, immaginosa e con qualche tendenza alla stravaganza.StatueOfFrancisBacon
Nei Saggi Francesco Bacone segue i testi e le tesi autorevoli con uno spirito di saggezza facile, di ovvia esperienza della vita: e poiché era uomo di mondo, avido di onori e di successo sociale, i suoi saggi sono “consigli civili e morali” a fine utilitario, insegnano come comportarsi per riuscire bene nella vita.
Nonostante il tono elevato e l’originale ricercatezza verbale, sono ispirati da un machiavellismo deteriore senza slanci generosi, senza dubbi o lotte interiori.
Caratteristico al riguardo è il Saggio sull’unità della religione. In un’epoca sconvolta da violente lotte religiose, Bacone non si pone il problema religioso: accetta pedissequamente la religione di Stato, deprecando genericamente ogni forma di eresia, di fede individuale, ogni discussione che vada in profondo.
Non ne vede l’urgenza o l’utilità: quello che importa è la pace nella Chiesa, che secondo il Bacone porta alla pace della coscienza. Primo dovere, la quiete: Dio non è un ideale, ma una blanda quotidianità. Della simulazione e dissimulazione, Bacone mostra gli inconvenienti pratici, elencandone i vari tipi o forme e dicendo quali siano più o meno colpevoli. Non si sente in lui ombra di amore per la verità, per la dirittura: ammette la simulazione “in casi importanti ed eccezionali” e la biasima quando sia abituale, ma solo perché toglie all’uomo “i mezzi principali per agire, cioè la fiducia” degli altri. E finisce consigliando di essere abitualmente riservati in modo da essere capaci di fingere quando non se ne possa fare a meno.
Per cose meno importanti, s’impanca volentieri a consigliere di sobrietà e dignità: e disapprova i balli e le recite mascherate: non sono che giochi, dice, indegni di gente seria.
Ma poiché piacciono ai principi siano almeno eleganti e variopinti; e così via con dettami minuziosi ma del tutto esteriori. Solo nel famoso Saggio sui giardini, il Bacone accondiscende a dire: “io preferisco questo e quello”, anziché dire: “si deve fare così e così”. Questo saggio, che come ha sostenuto Paula Henderson nel suo documentato e godibilissimo volume Garden History (2008) sigla l’inizio di una sensibilità e di un culto tipicamente british, ha svolto un ruolo di primaria importanza nella cultura (non solo letteraria) dell’Inghilterra.
Esso comincia con una nota solenne e intima: God Almighty first planted a Garden. And indeed it is the purest of human pleasures. It is the greatest refreshment to the spirits of mFrancis Bacon statue, Gray’s Innan; without which buildings and palaces are but gross handyworks: and a man shall ever see that when ages grow to civility and elegancy, men come to build stately sooner than to garden finely: as if gardening were the greater perfection. Dio Onnipotente prima di tutto costruì un giardino. Ed è davvero il più puro tra i piaceri umani. Esso è il più grande refrigerio per lo spirito dell’uomo; senza di esso le costruzioni e i palazzi non sono che grossolane opere manuali: e un essere umano saprà sempre riconoscere che i secoli crescono in civiltà ed eleganza, quando gli uomini impianteranno con raffinatezza e cura i giardini prima ancora di avere edificato maestosi palazzi. E’ come se l’arte del giardinaggio fosse la più grande perfezione. Poi, passa subito a indicare le piante che vi devono essere perché vi sia sempre profumo nell’aria: come si deve squadrare e dividere il giardino. Fontane sì, ma non vasche che danno ricetto a mosche e rane. Siepi ben tagliate, ma non alberi potati a coni e cubi. Soprattutto, aria: e che il giardino sia circondato da terreno apparentemente incolto, ma senza alberi, e con cespugli di fiori selvatici e qua e là monticelli per svariarlo.
Le osservazioni e i consigli, da questo punto di vista umano, decoroso, borghese, sono fini e ragionevoli, oltre che pratici e perfettamente eseguibili e realizzabili. Nel Saggio sul matrimonio e il celibato, Bacone osserva che moglie e figli sono ostacolo a grandi imprese, tanto nel bene come nel male. Le grandi cose sono sempre state fatte dai celibi: ma d’altronde solo chi ha figli pensa al futuro, guarda lontano.
Nella vita individuale, i celibi sono ottimi, ma non sono buoni sudditi, perché non hanno legami a trattenerli dalle avventure. Anche la castità è una bella cosa: ma le donne oneste sono troppo inclini alla superbia. Del resto, è sempre meglio avere moglie: in gioventù, la moglie serve da amante, più tardi da compagna e in vecchiaia da infermiera…
Gaetano Algozino South Norwood, London 22 maggio 2015
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